martedì 28 novembre 2006

2 è il numero per-fet-to



Studio il percorso, seguendolo col dito come seguivo la sua cicatrice, lentamente, cercando d'imparare. Quando esce dal bagno, M.cienne indossa un vestito elasticizzato nero ed un paio di calze viola, molto vistose. Si è lavata i capelli che da bagnati luccicano come seta nera. Il volto appare pallido e delicato come avorio. Si è messa un rossetto vivace ed un po' stravagante, secondo me, per baciarti meglio, o era per mangiarti meglio, come diceva qualcuno? Il mondo pare essersi rovesciato, forse, ma mi ci vedo male vestito di rosso. Resisto alla trappola ma decido che mi piacerebbe un sacco essere mangiato dalla Lupa. Mi alzo e cavallerescamente vado a scostare una piccola poltrona blu.
- Come stai bene. Hai un bellissimo aspetto - e mi sento anche troppo moderato ché è ben altro quel che vorrei dirle.
- Tu invece hai un aspetto di merda, - mi dice lei - quando ti deciderai a raderti codesta barbaccia? -
Mi dico che non tutto si può avere, visto ch'è già molto che mi faccia compagnia e che sia anche una buona navigatrice sulle rotte per Roma, oltre al fatto che mi lasci deporre qualche firma sul suo corpo. Alla mia età non capita di frequente.
- Grazie del complimento, è bella la tua franchezza, mi ringiovanisce - dico e le sorrido.
- Non ti monterai mica la testa, vero? - le sue sopracciglia sottolineano la sua perplessità, inarcandosi.
- Ma non fare così che ti vengono le rughe sulla fronte. - le rispondo.
- Come le tue? sei un reticolo di rughe, non te l'ha mai detto nessuno? -
- Me le vedo anche da solo. Ora capisci perchè mi faccio la barba di rado. Basta un piccolo scivolar di lama, un errore e schizza il sangue nello specchio. - scherzo. Le conosco una ad una, le mie rughe, che io chiamo grinze, mi piace di più, oppure pieghe, come quelle che qualcuno fa agli angoli delle pagine dei libri, per ricordarsi da dove ricominciare la lettura. Una piega e si riparte, magari il giorno dopo, oppure chissà anche tra un anno. Sono tutte le strade sbagliate che ho imboccato, tutti i sentieri percorsi inutilmente, tutti gli incroci che mi hanno ingannato, le valli che non valeva la pena d'attraversare, le montagne che non avrei dovuto scalare, luoghi di cui ho dimenticato anche i nomi. Ma d'altra parte che cos'è in fondo un nome? dopo un po' i nomi non sono altro che souvenir, sono stato qui, sono stato là, uh! che bello..Luoghi che si sono visitati inutilmente. Quel che ricordi veramente sono le Due Bandiere, aver viaggiato nel ventre della balena o essere passato attraversato lo specchio, essere andati giù per le cascate in una botte di legno, o essersi arrampicati su una nuvola mentre si scatena il temporale. Una ruga, una grinza, una piega, un errore.
- Io non faccio errori. - dice M.cienne e sembra convinta.
- Anch'io la pensavo così, qualche lustro fa. Comunque avrai bisogno di me per arrivare a Roma. Le strade sbagliate io le conosco tutte o quasi. Ti aiuterò ad evitarle ed a non essere inghiottita dalla folla, non c'è niente di più frustrante dell'essere fagocitati dalla folla. -
- La folla? -
- Quella che si accalca, sì, proprio quella.
Non te n'accorgi, ma ci scivoli dentro senza rendertene conto. -
- So farmi posto, io. -
- Meglio. Perchè se segui la folla perderai di vista l'obiettivo, di sicuro sopravviverai nella corrente, ma di Roma vedrai solo i campanili da lontano, se sarai fortunata -.
Del resto, milioni di persone l'abitano senza nemmeno esserne sfiorate, da Roma. Non basta mica respirarci, quello lo fanno tutti e senza nemmeno pensarci tanto su. Sono solo folla e chi non è solo nella folla? Non mi sembra granchè convinta. D'altra parte è giovane abbastanza ed ha ancora un bel po' di tempo per essere presa a schiaffi dalla vita.
- E tu chi ti credi d'essere? - mi chiede, annoiata dal sermoncino, brutto vizio di chi ha i capelli grigi. Non mi viene in mente niente d'interessante, niente che si possa ritenere degno di una seconda occhiata. Buona la prima che viene, tanto per quel che importa, le parole vanno e vengono.
- Nessuno. Uno di passaggio. Ma ci terrei ad arrivare a Roma, sempre che non sia una leggenda. Ne inventano una nuova tutti i giorni. Bistecca con patatine? -
- Sono pronta. -
- Conosco una finta bettola sulla strada per Roma dove ti cuociono le bistecche alla brace proprio sotto i tuoi occhi. Lo chef odia la carne, cuoce cento bistecche al giorno, in media. E lo fa da vent'anni. Anche lui è pronto per cercare Roma, mi sa. -
- Meno chiacchiere che ho fame. -
- Sì, andiamo, il buttero ci aspetta. -

Nessun commento:

Posta un commento