venerdì 10 novembre 2006

In viaggio per Roma



L'ho detto qualche tempo fa e lo ridico. Una parte di me viaggia sempre avanti e sempre più veloce. Anche quando sono in movimento, quando mi sembra che più veloce dicosì non sono mai andato, non vado mai abbastanza forte da soddisfare quella parte di me. E' quello che si chiama vivere guardando al futuro. Nelle speranza o nei timori del futuro. Pensieri fantasmi, irreali, esattamente come i fantasmi del passato che ritornano a farti visita ogni tanto. Il passato ha avuto luogo, è stato ed è finito, un attimo fa, ma è finito. Rien ne va plus. Il futuro avrà luogo, se mai lo avrà. Chi ne è sicuro? Ora ci sei ed un attimo dopo puoi non esserci più. Non te la prendere, è così. Per questo semplice motivo non hanno luogo. Non esistono nel presente. Esistono solo nella mente. Ricordi, rimpianti, paure e speranze sono solo delle immagini che ci facciamo del nostro passato e del nostro futuro. Immagini, solo immagini. Cartoline dal passato, futuristici disegni evanescenti dal futuro.
Ma quanto sembrano vere, a volte, quelle immagini.
Entro nelle cinta delle mura sul far della sera, nel riflesso screziato e rosato del tramonto, appena prima che le grandi porte d'accesso vengano serrate all'ombra della notte.
C'è una guardia all'ingresso, un bell'uomo cogli occhi neri, un naso importante con sotto un bel paio di baffi arricciati all'insù. Gli chiedo se può consigliarmi una locanda dove poter passare la notte, magari in un letto pieno di trapunte profumate alla lavanda e perchè no? in compagnia di qualche simpatica viandante della vita.
Quando dormo ogni tanto la sogno la viandante accanto a me, anche se non so mai il suo nome ed anche se lei mi chiama sempre con un nome che non è il mio.
Quando dormo, sogno anche le lunghe distanze che sempre mi si parano davanti. Certe volte sono bianche ed assolate e le colline sullo sfondo lontano sembrano gropponi d'una mandria al pascolo; altre distanze sono nell'oscurità, incommensurabili e mozzafiato quando non vedi ad un palmo del tuo naso.
Mentre dormo le ferite sotto i piedi guariscono.
Anche altre ferite rimarginano, lasciando solo dei noiosi pruriti alle cicatrici.
La mia meta è Roma.
Se fosse facile, ci dovrebbe essere una vera folla di viaggiatori, su questa strada. Ne ho sentito parlare in giro, d'altri viaggiatori. Chi usa molliche di pane, chi sassolini, chi bussola ed i quattro venti, insomma ognuno ha la sua teoria, ognuno il suo segreto, qualcuno mente perchè pensa d'avere ragione e non vuole che altri sappiano, altri svelano di scorciatoie improbabili fuorviando ed ingannando, magari in buonafede.
Io lascio che siano i miei piedi a guidarmi. Di loro mi fido, forse a torto, che ne so? Lascio che siano loro a scegliere quale strada prendere agli incroci, ma per far questo devo essere sempre soprapensiero e distratto. Non posso minimamente derogare a questa regola, se voglio che siano i piedi a farsi strada, se voglio arrivare a Roma.
Ecco perchè parlavo di fantasmi. Quelli sono capaci di tutto, voi lo sapete no? Mi tirerebbero di qua e di là, fino a strapparmi i panni di dosso, pur di convincermi a prendere una strada piuttosto che un'altra. I fantasmi del passato sempre a dire ti ricordi quando e quelli del futuro a mostrarti il dito indice ammonendoti: guarda dove metti i piedi.
No.
Se voglio arrivare a Roma solo i piedi mi ci devono portare.
Non mi fido del mio passato e figurarsi se dovrei fidarmi del mio futuro.

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